«Storia dei miei soldi» di Melissa Panarello

«Storia dei miei soldi» (Bompiani 2024)

Il nuovo romanzo di Melissa Panarello ha catturato la mia attenzione fin dal titolo, perché il tema dei soldi – in una società tutta economicista, dove le persone sono spesso ridotte a numeri e funzioni – è un tema nodale, incredibilmente poco raccontato da libri, spettacoli e film. Lo si fa, ovviamente, ma senza andare quasi mai a fondo della questione. Una reticenza che è, a mio modo di vedere, una delle ragioni per cui, come scrive l’autrice in un passo del libro, la letteratura (e il teatro, etc) oggi non produce opere durevoli. Forse, anzi sicuramente, se pure si raccontasse di più questo tema ci sarebbero mille altri fattori da considerare, eppure l’idea che “è negli estratti conti, non nei romanzi, che trovi le storie della gente” (parafrasi mia) è così lampante che constatare come questa prospettiva non sia un rovello continuo del presente – c’è chi lo fa, certo – non può non far pensare a una forma di rimosso.

Va da sé che una scrittura che rompe una reticenza è di per sé interessante, e lo è ancora di più nel momento in cui lo fa con strumenti tutti interni alla scrittura stessa. In questo caso, scopro leggendo, che la scelta ricade su un altro tema a me molto caro, quello del doppio. Clara T., la protagonista di questa storia, e la narratrice Melissa si specchiano l’una nell’altra, la vicenda dolorosa della prima poteva essere quella della seconda, così come la stabilità costruita pezzo a pezzo della seconda poteva forse essere il destino della prima. Più che il caso, tuttavia, come nel dramma classico sono le forze tragiche del destino – che qui si materializzano in forma di denaro, o anche di fama, che è poi un’altra forma più volatile di valore, comunque monetizzabile – a determinare le esistenze, ad affinare o si dissipare le vocazioni. Quelle forze passano per il denaro, certo, ma determinano i sentimenti, le relazioni, orientano i desideri – i nostri, ma anche degli altri nei nostri confronti – e se una persona non ha ben chiaro questa dinamica può facilmente venirne travolta.

Volgare e meraviglioso, sterco e benedizione, molti pensano che il denaro sia una sorta di virtualizzazione di quel valore che ci si scambiava un tempo attraverso il baratto. Gli antropologi hanno raccontato che è vero il contrario, il denaro esisteva già prima, in forma già virtualizzata, e cioè in forma di vincolo – il più delle volte feroce – tra le persone. Bisognerebbe raccontarlo molto di più.

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