Hic Sunt Leones

HIC SUNT LEONES – scena indipendente romana
Graziano Graziani (a cura di)
[Editoria&Spettacolo – 2007]

Hic Sunt Leones«Hic Sunt Leones» investiga nella scena teatrale indipendente romana e nella dinamica ricerca che negli ultimi anni l’ha caratterizzata, con incursioni nell’arte visiva, nella musica, nel video, nella danza. Le testimonianze dei protagonisti sono affiancate dalla prefazione di Attilio Scarpellini, dai commenti di Fabrizio Arcuri, Giorgio Barberio Corsetti, Andrea Cosentino, Roberto Latini e da un intervento di Franco Ruffini.
La descrizione di questo luogo dell’arte ai confini, in un tempo in cui i concetti di centro e periferia perdono il loro carattere stanziale, disegna una cartografia, un’immagine inevitabilmente parziale di un territorio rappresentato attraverso il vissuto: una mappa che fatalmente coincide con il territorio.

Spazi
Angelo Mai, Anticamere, Astra, Attraversamenti Multipli, Duncan 3.0, Teatro Furio Camillo, Kataklisma Teatro, Kollatino Underground / Spazio Santasangre, Le Sirene / Teatro del Lido, Racconti Teatrali, Rampa Prenestina, Rialto Santambrogio, Strike / Teatri di Vetro, Ubu Settete, Teatro Ygramul

Artisti
AbeleCaino / Mirko Feliziani, amnesiA vivacE / Daniele Timpano, Flavio Arcangeli, Arti Illesi, Atacama, Il Battello Ebbro, Cane / Daniela Cattivelli e Federica Santoro, Casinabenedetta, Circo Bordeaux, Alessandra Cristiani, Denoma, Dreamachine, –&– Produzioneidee / Rafaele Morellato Lampis, compagnia Fabio Ciccalè, Gramigna_ct, Habillé d’eau, Hôtel de la Lune, Immobile Paziente, Isola Teatro, Kataklisma, Kun Gu Kunst, La Casa d’Argilla / Lisa Natoli, La Fiera, LABit, MAddAI, Malebolge, Muta Imago, Nemesi teatro / Alessandro Langiu, OlivieriRavelli_Teatro, Piena Improvvisa / Raimondo Brandi, Alessandro Pintus – NON Company, Psicopompo Teatro, Residui Teatro, Santasangre, Vincenzo Schino, SemiVolanti, Setteteste, StrumentiUmani, Antonio Tagliarini, teatrAria_, Teatro delle Apparizioni, Teatro della Friggitoria, Teatro Forsennato, Teatropersona, Teatro… riflesso in movimento, Tony Clifton Circus, triangolo scaleno teatro, Ventichiavi teatro, compagnia Veronica Cruciani, Ygramul LeMilleMolte

Esperienze collettive
Arturo, Lios (Giano, Zeitgeist)

Appendice
CapoTrave, compagnia Costanzo-Rustioni, Narramondo, Produzione Povera, Teatrusica

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Hanno scritto su HIC SUNT LEONES

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da «Timpano / “Teneramente tattico” – Circo Bordeaux / “Singapore”» di ct#06
apparso su Consenso Teatrale – 21 febbraio 2009

Roma la conosco poco. Fino a pochi mesi fa, per me, era stata soltanto una stazione di passaggio. Ora, da qualche mese, dopo aver lavorato per tanti anni soprattutto nel Nord-Est (ben 15, intervallati soltanto da una mezza dozzina di brevi parentesi meridionali) ho dovuto prendere casa a Roma. Ed ora è qui che vivo.
Fuori si parla spesso del teatro romano come di una galassia. Roma, del resto, è la città che, di gran lunga, conta il maggior numero di sale teatrali. A poco a poco, tuttavia, sto capendo che “galassia” non è altro che un termine di comodo, usato per (non) definire una realtà poco nota. Un termine vago, vaghissimo, che non fa certo onore a chi vuole applicare la professione giornalistica ad un contesto variegato.
Così ho deciso di mettermi a studiare.
Un amico – giornalista attento ma soprattutto romano – mi ha segnalato un paio di “libri di testo”. Uno di questi, anche se magari un po’ partigiano, mi ha aperto – è il caso di dirlo – un mondo che ignoravo veramente del tutto. Si tratta di un volume intitolato “Hic sunt leones – scena indipendente romana”, curato da tale Graziano Graziani e pubblicato da Editoria&Spettacolo circa due anni fa. […]

Penso:
1) se almeno le 5-6 città di riferimento potessero disporre di una ricognizione altrettanto attenta, puntuale e consapevole relativa teatro c.d. invisibile, l’analisi giornalistica di riferimento (ma anche quella sociologica, quella generalmente culturale, forse quella storica) potrebbe essere meno vaga; e comunque avrebbe meno scuse per esserlo;
2) quello che Roma ha messo in campo, negli ultimi dieci anni, in termini di produzione indipendente è: a) assolutamente ignorato al di fuori del Raccordo Anulare; b) semplicemente sconcertante; almeno sul piano della quantità, della eterogeneità e dell’impostazione teorica (quanto alla qualità specifica, al momento non so che dire; ma è una mia colpa esclusiva cui tenterò, d’ora in poi, di porre rimedio);
3) visti anche gli orrendi cartelloni proposti, forse devo mettermi in testa di disertare più spesso ArgentinaValleIndiaQuirinoEtiEliseo e di affacciarmi con costanza abitudinaria nelle topaie da 30 posti. D’altronde, quando il mio sedere borghese tornerà ad aver voglia di velluto, farò sempre in tempo a tornare sui miei passi.

Questa premessa serve per dire – più a me e ai miei colleghi, che non ai lettori del blog – come sia finito, qualche giorno fa, sulle poltrone scomode e sulle panche dure del Rialto Santambrogio, luogo cult – pare – del teatro romano indipendente.
Era in corso Dramorama – rassegna di nuovi approcci alla drammaturgia. Ho visto due spettacoli.  […]

[link: http://consensoteatrale.blogspot.com/2009/02/timpano-teneramente-tattico-circo.html]

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«A Rome, les structures publiques ne font pas leur travail» di Matthieu Mével
apparso su Ruedutheatre – 16 maggio 2008

Graziano Graziani vient de publier Hic sunt leones aux éditions Editoria&Spettacolo, il s’occupe de la programmation théâtrale au Rialto Santambrogio à Rome. Voici les premières lignes du livre : « Plus qu’une analyse, le contenu de ce volume est une cartographie. Le territoire qu’elle cherche à représenter est la scène indépendante romaine. La cartographie nous renvoie aux explorateurs de la renaissance, aux navigateurs européens qui partirent vers les terres inconnues du nouveau monde à la recherche de fortune. ».

Tu écris des critiques, tu programmes du théâtre, comment pourrait-on te définir?

Comme un programmateur, je suis depuis 2004 le directeur artistique du Rialto Santambrogio. Je suis un observateur privilégié de la vie théâtrale italienne. J’ai un double rôle : faire la programmation du Rialto (un des espaces de la scène indépendante romaine) et écrire des critiques pour l’hebdomadaire, Carta.

D’où vient le désir d’écrire ce livre sur la scène indépendante romaine?

Le livre se veut un témoignage de ce qui bouge à Rome dans ces dernières années.

Rome est un territoire intéressant pour le théâtre indépendant?

Oui, dans les dernières années, on a vu naître ici des compagnies qui participent désormais aux festivals nationaux, je pense par exemple à Santa Sangre (collectif), à Antonio Tagliarini (danseur) ou à Daniele Timpano (performer, dramturge).

Et dans l’écriture?

Il y a peu d’écritures nouvelles en Italie de manière générale. La dramaturgie, c’est le grand trou du théâtre italien contemporain.

Tu peux nous parler du Rialto?

Le Rialto est un centre expérimental de culture contemporaine. Il y a des concerts, des expos, des installations, des performances, du théâtre… On cherche à faire voir nos choix au plus grand nombre. L’espace est complètement indépendant, il se finance notamment avec la musique électronique. Les vendredis et samedis, les concerts peuvent accueillir jusqu’à 1000 personnes qui paient chacune 5 euros.

Et la programmation théâtrale?

Il y a environ 65 spectacles cette année (4 fois la programmation d’un théâtre classique). Mais le théâtre est à perte… On fait avec de faibles moyens ce qui n’est pas ou peu fait à Rome. Une partie de notre programmation pourrait être celle du Vascello ou de l’India (deux autres théâtres romains), en tout cas d’une institution publique.

D’où vient ce déficit des institutions publiques à Rome?

C’est l’objectif de mon livre, je veux montrer qu’à Rome, il y a des propositions qui ne trouvent pas de relais. En Emilie Romagne, il y a des structures publiques qui font un travail de mécénat, en Toscane, c’est pareil, parfois dans le nord-est. Ici à Rome, c’est difficile de faire passer l’idée d’un spectacle contemporain. On est dans la propagande politique, je te donne de l’argent pour faire un événement. Les structures publiques ne font pas leur travail. Ce sont des structures liées au pouvoir. Le Vascello ou l’India devraient être soutenus par le ministère, la région et jouer un rôle de relais.

Rome vient de changer de maire, cela peut changer quelque chose pour le Rialto?

C’est très préoccupant. Mais la gauche n’avait pas stabilisé notre situation. Et puis Allemano, c’est plus Sarkosy que les fascistes des années 70. Mais ils feront peu pour la culture, et encore moins pour l’art contemporain. L’idée politique qu’il y a derrière ce groupe, c’est l’idée d’une ville non ouverte.

[link: www.stephen.over-blog.com/article-19627204.html]

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«Il teatro degli Stalker» di Azzurra D’Agostino
apparso su Carta – 30 marzo 2008

Già dal titolo siamo posti davanti all’idea della cartografia antica: Hic sunt leones, come venivano un tempo definiti i territori ignoti oltre i confini dell’impero. E Graziani, come dichiara nella prefazione, non intende rifarsi a questa modalità di conoscenza del mondo (la cartografia, appunto) solo in termini evocativi. La adotta come una sorta di modello a cui rifarsi, ma applicato a un contesto “contemporaneo” e a un mondo estremamente complesso e variegato: la scena teatrale indipendente dell’Urbe. Prendere in considerazione il proprio tempo, e le forme e modalità che l’arte in quel tempo assume, è un segno forte: è il tentativo di comprendere quello stesso mondo e di suggerirne – mostrandole – debolezze e potenzialità. Questo è dunque al contempo un documento che testimonia due parallele realtà, che forse prendono le mosse da esigenze simili; da un lato raccoglie le modalità e riflessioni di una comunità di artisti, dall’altro è, col suo stesso esistere, segno di una nuova “onda critica” (che con quegli stessi artisti condivide spazi, esigenze, marginalità). Graziani viene dal contesto del teatro indipendente, quel teatro che a Roma ha trovato spazio soprattutto all’interno dei centri sociali, deviandone o modificandone in parte la natura: innanzi tutto nell’educare (nel senso originario di “portare fuori” dai percorsi ordinari) un pubblico nuovo. Nuovo non solamente perché il teatro, con le sue esigenze più evidenti nell’atto della condivisione (banalmente: concentrazione e silenzio), pare lontano dal fruire tipico dei centri sociali; ma anche perché in grado di portare nel centro sociale anche chi – senza quel particolare evento – forse non si sarebbe avvicinato. Dunque l’entrare della scena nello scenario dei centri occupati ha in parte orientato e modificato quella stessa realtà, che ha rafforzato in sé l’idea di come l’arte in generale – e il teatro in particolare – possano essere modi e mezzi anche di una lotta politica. E qui veniamo all’”impero” di cui sopra, che il titolo stesso implicitamente richiama. Perché non ci sarebbe una scena indipendente se non ci fosse prima una scena “dipendente”, una grande e criticabile macchina di potere (potere produttivo, potere distributivo, potere mediatico) che governa la gran parte dei teatri, dei loro cartelloni e delle loro proposte artistiche. Quello che Graziani propone, attraverso le voci a cui dà spazio, è una riflessione anche e soprattutto intorno a questo impero; ma, diversamente dal troppo facile “no” ad oltranza, quello che colpisce è che lungo le oltre cinquanta interviste emerge un disagio che al contempo è un tentativo di soluzione. Questi artisti della loro marginalità hanno fatto tesoro, quasi virtù: una distanza dai meccanismi del sistema che da un lato li pone in costante emergenza, ma dall’altro fa sì che l’emergenza tenti delle soluzioni. Ed ecco nascere un circuito di spazi, ecco svilupparsi collaborazioni che garantiscono un confronto concreto, ecco prendere forma rassegne e progetti ben più ponderati e coerenti rispetto a un velleitario “riempire” una notte – per quanto virginale e dunque attraente possa essere. Come dice Graziani nei suoi intenti: “A differenza della mappatura, che si propone di misurare il territorio che rappresenta, la cartografia suggerisce percorsi possibili”. Leggendo il libro, l’impressione che se ne ha è che i percorsi alternativi siano tentati innanzi tutto da chi, giorno per giorno, decide di proseguire la propria ricerca – anche a costo di farne questione di resistenza personale. Dunque gli artisti qui riuniti non sono chiamati in causa o ordinati secondo categorie prettamente estetiche (che sarebbe anche difficile, dato il meticciato che dagli anni ’90 in poi specialmente caratterizza le arti), bensì seguendo linee spaziali. Quelle stesse che hanno spontaneamente deciso di riunirsi sotto la sigla ZTL (Zone Teatrali Libere) e che pare essere piccola provocazione verso le limitazioni non gratuita, viste le oggettive difficoltà di mantenere quelle Zone salde nei loro intenti e nella loro stessa esistenza. Non a caso Scarpellini, nella sua introduzione, chiama in causa gli Stalker: siamo davvero al punto in cui, per accompagnare il cammino verso un “oltre” diverso/lontano dal quotidiano sperpero e chiacchiericcio, si mette a rischio se stessi, il proprio stesso procedere. “Territori urlanti” li chiama Graziani rifacendosi a Schechner – e forse è davvero un bene che qualcuno dica la sua, in una terra che pare sempre più remissiva e rassegnata. Ulteriore spunto, e invito al ripensamento che potrebbe essere esteso ben al di là del solo mondo del teatro, è la riflessione di Franco Ruffini intorno al problema dei soldi. Hic sunt leones è dunque una descrizione dei e dai confini, che pure, nel suo essere programmaticamente parziale, sconfina ben oltre se stessa e suggerisce che una alternativa, in qualche modo, si può tentare.

[link: www.carta.org/ozio/16359]

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«Hic Sunt Leones, luoghi e persone del teatro off a Roma» di Giacomo D’Alelio
apparso su Liberazione (Queer) – 30 marzo 2008

«Hic Sunt Leones»: qui sono i leoni. Questa frase che accompagnava la cartografia dell’antica Roma, indicando come al di là delle colonne d’Ercole, del territorio conosciuto e posseduto dall’Impero romano, non rimanevano altro che le fiere, nell’ombra, ad agire e da temere. Quelle ombre di antichità si ritrovano ancora oggi nel mare magno (e territorio liminale) moderno che lambisce le periferie e i luoghi del centro, inesplorati o poco conosciuti dai più. Chissà, forse per mancanza di curiosità, di tempo o di riferimenti adeguati per esplorarli.
Uno strumento che merita attenzione è ora arrivato nella collana Spaesamenti curata da Paolo Ruffini per Editoria & Spettacolo: «Hic Sunt Leones – scena indipendente romana». Ruggisce dalle sue pagine la moderna cartografia teatrale disegnata dal giovane critico Graziano Graziani. Di Roma traccia, come ci tiene a puntualizzare, proprio una cartografia del multiforme mondo teatrale che attua la ricerca e la scoperta di nuovo costellando la capitale, e non una mappatura, che rappresenterebbe una dichiarazione di finitezza di ciò che invece è in continuo movimento, “ricerca” di identità e di luoghi. In una forma dialogante e non dottrinale, Graziani ha raccolto le testimonianze di tutti coloro che hanno caratterizzato il quinquennio teatrale “alternativo” romano che va dal 2000 al 2005, ma non si può evitare di lambire il 2007, poco prima di mandare le bozze in stampa, essendo la materia in esame magma in continuo movimento. Un viaggio corale all’interno di una comunità radicata nel territorio, che ricerca e merita la dovuta ri-conoscenza per il lavoro svolto ogni giorno da anni all’ombra del teatro istituzionale, la cui proposte molto spesso mancano di quella generosità artistica e d’emergenza che tra i leoni ancora si respira.
A prendere la parola sono i curatori degli spazi occupati e culturali che attraversano la capitale, la loro storia e il loro destino che in certi casi si è scontrato con le logiche di mercato portandoli a chiudere; le compagnie di teatro e di danza che stentano a sopravvivere ma che sono sostenute ancora dalla passione. A loro e alla prefazione di Attilio Scarpellini si affiancano le testimonianze di Fabrizio Arcuri, Giorgio Barberio Corsetti, Andrea Cosentino, Roberto Latini e l’intervento dello storico teatrale Franco Ruffini, nel reclamare non sopravvivenza, ma vita.

[link: www.liberazione.it]

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da «Lev di Muta Imago» di Andrea Porcheddu
apparso su Zona a Rischio – 18 marzo 2008

Tornare a teatro, dopo molte settimane, in veste critica, implica decisioni da prendere: cosa andare a vedere? Non è indifferente. A Roma il teatro va a ritmo alterno: i grandi eventi veltroniani si alternano ad un fermento, ad un pullulare di iniziative, rassegne, spettacoli di grande intensità. Piccole cose che trovano ascolto in spazi non convenzionali (come il Rialto occupato, minacciato di sgombro) o in teatri più attenti al contemporaneo, come il Palladium, che ha aperto le proprie porte al progetto “ZTL”.
Progetto da tenere in debita considerazione, in effetti, perché è una sorta di consorzio produttivo di varie realtà giovani e giovanissime: l’acronimo sta per “Zone Teatrali Libere”, associazione nata nel 2004 come rete informale e diventata, nel volgere di tre anni, capace di intervenire nella produzione e nel sostegno delle emergenze artistiche.
A far da motore sono, oltre il Rialto Occupato, anche l’Angelo Mai (altro centro sociale già sgombrato dalla giunta comunale), il teatro Furio Camillo, la compagnia Triangolo Scaleno e il collettivo Santasangre, attivo all’interno del Kollatino Underground (stranamente non ha ancora ricevuto intimazioni di sgombro). A queste realtà hanno dato slancio il Romaeuropa Festival con il Teatro Palladium e la Provincia di Roma.
Insomma: una piccola ma vivacissima macchina da guerra, capace di dare una pulsione colorata e appassionata all’ingrigita scena istituzionale capitolina. Esiste dunque un sommerso nuovo e incandescente, pronto a prendere il testimone dalla generazione precedente – quella, per intenderci di Ascanio Celestini, Accademia degli Artefatti, Roberto Latini, Werner Waas e altri – che indaga nuovi territori ed inventa circuiti paralleli: un mondo davvero ricco, recensito con cura da Graziano Graziani nel bel volume Hic sunt Leones, scena indipendente romana: 15 spazi scandagliati, e 50 compagnie presentate (edito da Editoria&Spettacolo. N.d.T.).
C’è da armarsi di penna e taccuino e provare a rincorrere un movimento già abbondantemente in marcia: dunque, il critico di ritorno in città non ha dubbi, e punta subito alla prima di Lev, nuovo spettacolo del gruppo Muta Imago, forse uno dei fiori all’occhiello di questa nuova scena romana. Lo spettacolo si avvale della produzione di ZTL e debutta al Palladium: tanta gente in platea, un pubblico coetaneo degli autori e dell’interprete. […]

[link: http://blog.libero.it/zone/newcom.php?mlid=103730&msgid=4320383&mpadid=0]

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«Indizi sul teatro contemporaneo» di Luigi Coluccio
apparso su Close-up – 12 marzo 2008

Roma, Teatro Palladium –  ZTL-Zone Teatrali Libere è la rete cittadina romana formata da Angelo Mai, Rialto Santambrogio, Santasange/Kollatino Underground, Teatro Furio Camillo, Triangolo Scaleno Teatro -rete il cui scopo è la creazione di cultura tout court, declinata dalle singole realtà in percorsi e atteggiamenti che variano sia per l’approccio artistico che per la direzione politica degli stessi spazi/artisti. Fondata nel 2004, l’organica connessione tra queste diverse realtà ha permesso un’importantissima opera di “scoperta” da parte delle monolitiche istituzioni di tutto quel teatro contemporaneo e marginale –per scelta, per confinamento- che ha reso e rende Roma la metropoli di punta della ricerca teatrale italiana. E finalmente, la scoperta di questa Shangri-La è avvenuta : all’interno del progetto  Scenari Indipendenti ,  ZTL  diviene, con il sostegno della Provincia di Roma e della Fondazione Romaeuropa,  ZTL-pro , dove quel “pro” proclama l’impegno da parte della rete di sostenere gli artisti all’interno dell’importante sfera della produzione. Questo lungo preambolo ci permette di collocare in un preciso contesto politico-sociale la presentazione del libro a cura di Antonio Audino – critico teatrale de «Il Sole 24 Ore» e docente di Metodologia e Critica dello Spettacolo all’Università di Roma Tor Vergata – «Corpi e visioni – Indizi sul teatro contemporaneo»  (Editoriale Artemide), presentazione che, senza alcuna falsa retorica, è divenuta essa stessa una zona teatrale libera. Come a rafforzare, giustificare, questa visione, c’è la contemporanea presenza di Graziano Graziani –redattore di  Carta, di La Differenza, e responsabile assieme a Francesca Donnini della programmazione teatrale del Rialto Santambrogio – che presentava il volume  Hic sunt leones  (Editoria&Spettacolo), mappatura ideale degli spazi e degli artisti che animano la scena romana indipendente. Attorno a loro, nel foyer del Teatro Palladium trovavano caotica diposizione, in ossequio ad una prossemica altamente non-ufficiale, non-istituzionale, non-convenzionale, compagni di viaggio quali Attilio Scarpellini, Andrea Porcheddu, Donatella Orecchia, Andrea Cosentino, Matthieu Mével, Luca Brinchi della compagnia  Santasangre…
Gli spunti, i rimandi, i quesiti, le problematiche messe in campo da questo imponente stuolo di critici/artisti/intellettuali hanno sezionato a più livelli la realtà teatrale romana e il suo (subordinato) rapporto con le istituzioni. Come ha prontamente individuato Scarpellini, i volumi di Audino e Graziani rappresentano due diverse analisi -l’una prettamente teorica, l’altra di indispensabile ricognizione pratica, di scoperta- dello stesso fenomeno, fenomeno che tutti i presenti hanno tentato di indagare partendo dal quesito centrale presente nel lavoro di Graziani, la domanda fondamentale e ossessivamente ricorrente che l’autore pone a tutti gli artisti presenti nella sua mappatura : «Quale è la sussistenza ?».
Le risposte sono state molteplici : su tutte, riportiamo l’accento posto dallo stesso Graziani sull’attuale situazione organizzativa/creativa degli indipendenti romani, ora coagulati attorno centri sociali occupati o assegnati, spazi che si basano sull’associazionismo, collaborazioni strutturate su più livelli – artistico/produttivo/promozionale…
L’importanza della scena romana a livello nazionale può essere mutuata dalle parole di Andrea Porcheddu, dolorosamente lontano da questa realtà metropolitana, ma il cui eco pervade diverse parti d’Italia.
Quindi la diversità. Se c’è un tratto comune che attraversa il teatro contemporaneo è la diversità dei linguaggi, dei temi, delle dinamiche adoperate dagli artisti. Ecco quindi Audino curare un volume che accanto alle riflessioni storico/artistiche sulle avanguardie degli anni Settanta, ci presenta un narratore profondamente legato alla fabula e alla memoria come è Ascanio Celestini, oppure un’intervista a Romeo Castellucci preceduta da un’analisi dell’arte di Rodrigo Garcia; e Graziani presentarci un testo che traccia, senza soluzione di continuità, un indicativo atlante degli artisti romani passando dall’anarco-dadaista Daniele Timpano al butō di Habillé d’Eau, da Milena Costanzo e Roberto Rustioni (a lungo nelle fila del teatro di Giorgio Barberio Corsetti) alla danza-performance di MAddAI.
Registriamo infine l’appello rivolto dallo stesso Audino ai giovani universitari, che dovrebbero rappresentare la linfa vitale che alimenta – finanziariamente e artisticamente – il teatro contemporaneo, che invece divengono nel perverso ma perfetto meccanismo messo in piedi dalle istituzioni, i futuri depositari della tradizione, dell’asfissiante burocrazia, dei quadri artistico/sociali strutturati ad hoc per la sua stessa sopravvivenza dal Sistema. Libri, eventi, zone libere, servono come momento di alterità rispetto allo status quo vigente unicamente per loro, per noi…

[link: www.close-up.it/spip.php?article3709]

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da «Les intermittents italiens» di Mariateresa Surianello
apparso su La Differenza – 26 gennaio 2008

Un contesto che Roberto Latini descrive con schiettezza devastante e avvincente. L’eco della sua epistola di “basso livello” e zeppa di interrogativi dal libro di Graziano Graziani da poco pubblicato, «Hic sunt leones», trasborda feroce – è il caso di dirlo. Rifugge speculazioni estetiche e filosofiche Latini, per adoperarsi in uno splendido, sano e naturale atto liberatorio. Il suo scritto è un estremo, appassionato e disperato, lucido ruggito proveniente da quelle zone teatrali “inesplorate” e multiformi. E questa sua disperazione luccicante evoca perfettamente la condizione di malata cronica in cui versa la danza in Italia. […]

[link: www.differenza.org/articolo.asp?sezione=archivio&ID=130]

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«Intervista a Graziano Graziani» di Azzurra D’Agostino
apparso su «Mompracem», Radio Città del Capo – 12 gennaio 2008

«Hic sunt leones. Scena indipendente romana» è un libro-inchiesta davvero particolare: ne abbiamo intervistato il curatore, Graziano Graziani, giornalista e organizzatore attivo nei circuiti teatrali “off” di Roma, ha raccontato e fatto raccontare dai protagonisti della scena indipendente le loro vicende, proposte, necessità. Attori, registi, autori, direttori artistici di centri sociali narrano come sopravvivere nell’arena dello spettacolo dal vivo dell’Urbe, spiegando come trovare spazi, visibilità, produzioni e occasioni di confronto. Ascolta l’intervista radiofonica al link qui sotto

[link: http://www.romanzototale.it/mompracem/2008/01/12/graziano-graziani/]

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«Ancora una possibile soluzione di buon senso» di Fabrizio Pallara
post su Sassiemigranti, in risposta alla chiusura del Teatro dei Sassi di Matera – 11 dicembre 2007

Leggo in questi giorni “hic sunt leones” libro a cura di Graziano Graziani per editoria e spettacolo, il libro racconta di alcune realtà romane nate dal 2000 a oggi in cui ci siamo anche noi “teatro delle apparizioni”, leggendo il libro, pur conoscendo la situazione, rimanevo affascinato del miracolo che tiene in vita tutte queste piccole realtà, sembra un elogio alla potenza straordinaria della “piccolezza”, qualunque cosa i politici, le istituzioni facciano noi ci siamo, noi disperatamente sorridiamo e disegnamo e viviamo la bellezza, noi esistiamo forte forte. E’ Proprio vero “qui ci sono i leoni” e ci saranno sempre a Roma a Matera e ovunque in italia, qualunque sia la misura della disperazione indotta dalle logiche insensate del potere. Quindi fate un pò quello che cazzo vi pare ma ricordatevi che noi siamo leoni.
Indignato ma sicuro della forza di chi sogna e sa far sognare.
fabrizio pallara

[link: www.sassiemigranti.org/index.php?option=com_content&task=view&id=42&Itemid=43]

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