Sanità durante la crisi – le Ong e gli ambulatori sociali in Grecia

ilaria scarpa_DoctorsoftheWorld07I primi ad avvertire la crisi, in Grecia, sono stati i migranti. Il lavoro scarseggia per loro come per i greci, anche se il più delle volte chi viene dall’Africa e dall’Asia è disposto a fare lavori che i greci non sono più disposti a fare. Ma lavorare, soprattutto al nero, non vuol dire avere accesso allo stato sociale, dalle assicurazioni alla sanità. Per questo molti immigrati si rivolgono alle Ong. Doctors of the World è una di queste e si occupa di fornire assistenza sanitaria, farmaci e qualche volta anche semplicemente vestiti e coperte. Ad Atene, dove si concentra la maggior parte dei migranti, hanno due cliniche. Quella del centro città serve dalle 120 alle 150 persone ogni giorno. Molte delle loro storie sono come quella di Shalim, un ragazzo di ventitré anni che viene dal Bangladesh e non riesce a reggersi in piedi. Il motivo è semplice quanto assurdo, se consideriamo che siamo in Europa nel 2013: fame, carenza di vitamine, cattiva alimentazione. “In Europa abbiamo gli schiavi, lo sapevi? Nel 2013 è esattamente come nell’antichità: gli schiavi coltivano i campi per le persone ricche”. A parlare è Ansam, la dottoressa che lo sta visitando. “Gli do delle vitamine. Che altro posso fare? Non dovrebbe accettare le condizioni di lavoro che gli offrono nei campi: dieci ore al giorno senza pausa, senza mangiare, sotto il sole. Per 20 euro al giorno, due euro all’ora. E lui è fortunato, c’è chi prende solo 10 euro e persino chi non prende niente”. La definizione di “schiavo” che utilizza Ansam non è un’esagerazione; i proprietari non solo pagano pochissimo queste persone, ma a volte li fanno dormire in dei capannoni, riscuotendo l’affitto per questo. Risultato, trattengono il loro stipendio per intero. Qualche mese fa a Manolada, nel Peloponneso, una disputa tra il proprietario di un campo di fragole e i duecento immigrati che lavoravano per lui è finita quasi nel sangue: lui ha deciso di non pagarli, loro si sono ribellati e lui gli ha sparato addosso, ferendo gravemente ventotto persone. Shalim mi guarda e mi dice: “A me piace la Grecia e mi piace lavorare tanto, mi va bene. Devo mandare i soldi a casa alla mia famiglia. Ma se in Grecia non c’è più lavoro come si fa?”. Lui un lavoro ce l’ha e preferisce lavorare fino a svenire piuttosto che perderlo. Ha anche un posto dove dormire: una casa a Omonia, nella zona del centro dove vivono molti immigrati. Nella sua casa sono in tre per stanza, sei persone in tutto.Continua a leggere…