Il Portogallo verso il sì all’aborto

Per la seconda volta in pochi anni il Portogallo torna alle urne per tentare di dare una spallata alla legge che vieta l’interruzione volontaria di gravidanza, con l’eccezione dell’aborto terapeutico in caso di pericolo di vita per la madre. Domenica 11 febbraio il referendum sull’aborto vedrà schierata una sinistra ricompattata sul sì (all’abrogazione della legge) a cui si aggiungono ampi strati della società civile non politicizzata. Il paese iberico, assieme alla cattolica Irlanda, resta l’ultimo membro dell’Unione europea con una legislazione che equipara l’interruzione volontaria di gravidanza a un crimine. Una norma di fatto disattesa. Dopo il caso eclatante delle “sette donne di Aveiro”, rinviate a giudizio per aborto clandestino quattro anni fa e assolte, la prassi giudiziaria portoghese tratta l’aborto come un crimine per cui non è prevista sanzione.
«Si tratta di un’anomalia», ha affermato il costituzionalista Vital Moreira in una conferenza a sostegno del sì. «L’idea di un crimine senza punizione è totalmente insolita in termini di diritto penale» ha spiegato, aggiungendo che è ora di disciplinare seriamente la materia. La posizione di Moreira, che sembra spaccare eccessivamente il capello, si spiega con la contro-proposta di tre deputate indipendenti elette nelle fila del partito socialista, di depenalizzare l’aborto, per evitare il referendum. «In questo modo si mantiene l’idea che l’aborto è un crimine, e che le donne che abortiscono siano delle criminali – aggiunge Moreira – e questa non è certo la soluzione al problema degli aborti clandestini in assenza di adeguato trattamento sanitario». I due terzi delle donne che si sottopongono a interventi clandestini, secondo uno studio, dopo non ricevono alcun tipo di trattamento medico. In effetti l’emergenza sociale è tutta lì, e riguarda le fasce di popolazione più deboli, spesso residenti in piccoli centri. Le portoghesi più benestanti possono sempre ricorrere alla vicina Spagna.
Al di là della fronda delle tre deputate indipendenti, questa volta il partito socialista si è schierato, per bocca del suo leader José Socrates, a favore del Sì, come già da tempo hanno fatto il partito comunista e il Bloque de esquerda. Non fu così otto anni fa, quando in un referendum analogo vinse il No e la decisione dell’allora leader socialista Antonio Guterres di non dare indicazione di voto pesò molto sulla sconfitta. Ma oggi il vento soffia decisamente nella direzione opposta: il sì, secondo un sondaggio del quotidiano O Publico, è dato vincente con il 67 per cento delle preferenze.

[da Carta n°05/2007]

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